martedì, gennaio 02, 2007

 

Dingo

Mica devo disegnarlo, l'amico immaginario. Io ce l'ho, si chiama Dingo ed è molto timido, ma a volte - contando sull'effetto sorpresa - si riesce a fotografarlo:





Qui aveva gli occhietti tristi, perchè gli stavo raccontando una storia:

"Ho letto sul libro della Pronoia che fa be eraccontare di una volta in cui ti sei sentito vivo. E a me è venuto in mente di ventidue anni fa, che correvo su un campetto di erba verde con il numero otto sulla schiena e la precisa consegna di marcare il fantasista del San Canzian. Una vita da mediano, dici? Beh, qualcosa di simile, oggi il ruolo è stato nobilitato (vedi Gattuso, De Rossi, Del Nevo, etc.) ma in quei tempi lì dovevi masticare erba e polpacci avversari, con lo scopo dichiarato di spaccare i maroni a quello forte dell'altra squadra, ed erano ammessi insulti in dialetto, calcetti a tradimento, professioni di innocenza da provare davanti allo specchio."

"Ma quella volta lì era calcio d'angolo, ed io - che da piccolino ero pure basso - dovevo stare lontano dalla porta avversaria, mantenere la concentrazione e prepararmi a scaraventare in canal l'eventuale contropiede avversario."

"Dingo, mi rivedo trotterellare verso il limite dell'area, facendo finta di non sentire i richiami dell'allenatore, dell'accompagnatore, dei compagnio in campo, di quelli in panchina, e immagino anche del babbo in tribuna. La palla è stata respinta, e si è avvicinata a me saltellando un po', invitante."

Non ho mai colpito tanto bene un pallone. Collo mezzo esterno, direbbe un telecronista. Ricordo bene il grido del coach un istante prima NON TIRARE! NON TIRARE! CHE CAZZ...."

E' finita lì, nell'angolino basso. E mentre correvo verso - mah, dove cacchio correvo? - mi sono sentito tanto, tanto, fottutamente vivo"

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