sabato, agosto 20, 2005
Nascita di un pianeta
Dalla collina il panorama è affascinante. In questa fresca serata, la luce dei tre soli rischiara appena il verde della vallata, il fiume corre e le onde trascinano pesci e pensieri. In lontananza, si avverte appena il rumore di una sirena: un turno è giunto al termine alla miniera di cristallo.
"Nonno, ma è vero che una volta qui era tutto un deserto? Lo ha raccontato la maestra a scuola, ma io non so se ci credo"
Sospira, liscia con una mano la barba bianca che gli regala, a suo dire, quella immagine da vecchio marinaio spaziale che gli piace tanto.
"La tua maestra la sa lunga, invece, non dimenticarlo mai"
"ma tu c'eri, nonno? La mamma dice che tu non sei mica nato qui come noi"
"La tua mamma dovrebbe imparare a tacere un po' di più, invece" - pensa il vecchio - ma riesce a trattenersi. Non risponde, ma ricorda...
Ricorda la sua cella nuda, le tavole di acciaio su cui addormentarsi, i pasti scanditi dagli annunci dell'autoparlante. Si domanda se a scuola raccontino anche che Nose è nato così: un pianeta lontano su cui inviare scarti della società, anime tumultuose e carcerati. Soprattutto carcerati. Tutti con le loro storie di truffa o violenze alla spalle, esistenze intrecciate alla criminalità fin da bambini o risultati di momenti di follia, di disperazione, di reazione alle regole. Tutti catturati, processati per direttissima ed inviati ad anni luce di distanza, su astronavi bunker che li avrebbero depositati nell'ignoto.
Ricorda lo scossone dell'atterraggio, dopo giornate passate a fissare il vuoto da un minuscolo oblò, ricorda il rumore dei portelli, la loro discesa silenziosa, il primo sguardo al fiume. E ricorda, ricorda soprattutto i loro occhi fissi sulla partenza dell'astronave, quella struggente sensazione di solitudine nella multitudine.
Si riscuote, accarezza con una mano la bionda testa ricciuta del nipote, e mormora:
"Io c'ero, si. Io c'ero"
Ebbene si, clamorosamente catturato da Ogame. E quasi stupito che non sia ancora nata una Alleanza di blogger.
Vado che c'ho la riciclatrice sulla strada di casa
Dalla collina il panorama è affascinante. In questa fresca serata, la luce dei tre soli rischiara appena il verde della vallata, il fiume corre e le onde trascinano pesci e pensieri. In lontananza, si avverte appena il rumore di una sirena: un turno è giunto al termine alla miniera di cristallo.
"Nonno, ma è vero che una volta qui era tutto un deserto? Lo ha raccontato la maestra a scuola, ma io non so se ci credo"
Sospira, liscia con una mano la barba bianca che gli regala, a suo dire, quella immagine da vecchio marinaio spaziale che gli piace tanto.
"La tua maestra la sa lunga, invece, non dimenticarlo mai"
"ma tu c'eri, nonno? La mamma dice che tu non sei mica nato qui come noi"
"La tua mamma dovrebbe imparare a tacere un po' di più, invece" - pensa il vecchio - ma riesce a trattenersi. Non risponde, ma ricorda...
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Ricorda lo scossone dell'atterraggio, dopo giornate passate a fissare il vuoto da un minuscolo oblò, ricorda il rumore dei portelli, la loro discesa silenziosa, il primo sguardo al fiume. E ricorda, ricorda soprattutto i loro occhi fissi sulla partenza dell'astronave, quella struggente sensazione di solitudine nella multitudine.
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