martedì, agosto 24, 2004

 
Pietra di paragone

Seymour Bazett scava da cent'anni. O meglio, da cent'anni coltiva un suo giardino in cui crescono le piante e in cui semina ricordi. E li semina letteralmente, interrando in buche di adatte dimensioni la prima cuffietta della sorella, il portafortuna del nonno scomparso, una biglia del fratello, una cravatta, il corpo della madre morta.

Seymour è il protagonista di "La pietra di paragone", di Paul Horsfall.

Cent'anni dopo, Seymour dissotterra quei fossili, e lascia che le pietre - nal raccontarli - ci rivelino la sua storia. Ed è anche la storia di un secolo di Australia, delle due guerre, di movimenti paranazisti, delle prime televisioni, della repressione degli aborigeni. 291 bellissime pagine, prime che Seymou "chiuda gli occhi e stacchi la spina".




Se avessi un giardino in cui seppellire un ricordo, questa sera prenderei un semplicissimo foglio bianco appena tratteggiato da mano quasi esperta. E nasconderei, a riposare fra radici e sassi, questo:






Quando sono venuto ad abitare qui, a due passi dalla Martesana, ho immaginato un unico lato pesantemente negativo: per tradizione, l'equazione è: specchio d'acqua = frotte di zanzare all'assalto delle mie gambe.

Quest'anno ho raggiunto un equilibrio. Appena mi è comparsa in soggiorno la prima (giugno?), non l'ho freddata con il badge contro il muro. L'ho salutata e lasciata stare.
E ormai siamo amici. Io entro in casa la sera e la saluto ("Ciao, Rina"), e non le bado più di tanto; soprattutto, non mi dedico a sfrenate caccie notturne. Lei, in cambio, non svolazza intorno alle orecchie di notte (non mi sveglierei comunque, ma è carino da parte sua), si limita ad una punturina al braccio, e passa la giornata in balcone a raccontare al resto del branco (branco? stormo?): "Ma no, qui non c'è nessuno, sono io che voglio restare a dieta" "No, no, davvero, la casa è vuota, deve essere andato in vacanza ad Anchorage, Alaska".

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