sabato, luglio 24, 2004

 
 
Piove. Piove su questa città che non ho mai sentito tanto lontana e ostile. Ci rifletto per un po', e mi rendo conto che avvertirei le stesse sensazioni in un qualsiasi posto dell'universo, adesso.
Piove.Piove e, a tratti, il cielo scuro - scuro - è rischiarato da qualche lampo. Da piccolo, mi piacevano un sacco i temporali. Corravo a rifiugiarmi sotto un balcone, o all'entrata di un portone, e verso sera mi godevo lo spettacolo di quelle striscie bianche nel buio, con il Carso a fare da sfondo.Per un buon periodo di tempo mi ero convinto che si trattasse di strade, strade scelte da chi voleva avvicinarsi al cielo o strade scelte da Dio per richiamare a sè le persone. Pensieri che mi mettevano i brividi, mentre restavo a guardare.

Sai che ti dico? Mandamene uno giù, adesso. Su. Ho voglia di salirci sopra, correre a perdifiato verso l'alto, non fermarmi mai, neppure un attimo di ripensamento. E poi bussare forte, forte, forte, fino a quando non mi avrai aperto. Mi mostrerai dove ho nascosto tutti i miei sogni, mi farai leggere il libro che ci governa tutti, mi farai vedere una enorme ragnatela fatta di fili d'argento, che si perde all'orizzonte. E mi dirai che sono quelli gli intrecci delle nostre vite, che ogni nodo è un incontro tra persone, e che quanto più il nodo è grosso, tanto più l'incontro è stato importante, vero, sincero. In ogni momento.

Lanciamelo, adesso. Perchè ho imparato a soffrire, a non parlare, a chiudere in un guscio tutto quello che provo, e a non farlo andare via. Ho imparato a non parlare, a non esprimere nulla di quanto mi lacera dentro. L'ho imparato per necessità e per dignità. Già, dignità.
Lanciamelo adesso, prima che perda anche quella. Che poi ci penserò io a spiegare a tutti che cosa è successo, non preoccuparti. Non dovrai ascoltare, ancora una volta, quella domanda inutile, ripetuta, noiosa, la regina di tutte le domande senza risposta: "Perchè?".

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