domenica, giugno 27, 2004

 
Canale

Che se ci penso bene, da qualche tempo ne ho pure un'altra. Di mania, intendo.

Perchè abito vivo alla Martesana, ramificazione di quel Naviglio a cui tanti associano immagini di tavolini all'aperto, birra, risata, compagnia.

Io la sera vado a passeggio lungo il "mio" Naviglio; è un po' più tranquillo, non si servono cocktail ma si incontrano anziani con il cane. Che a volte è pure meglio.

Ad un chilometro scarso da dove abito io c'è un gruppo di panchine, con un lampione dalla luce fioca accanto; è il mio rifugio serale, quando i pensieri foschi si acculano e non basta un sms per cacciarli via. Mi siedo, accendo un marlborino e annuso quell'odore tipico di acqua che va. Quasi sempre, irrompe il ricordo di un altro canale, perso nella mia giovinezza di campetto, partite infinite e dribbling estenuanti a piegare le ginocchia.

C'era un muro, dietro due alberi che fungevano da porta. Un muro grigio, alto, dietro il quale scorreva il "canàl". Entità misteriosa e divoratrice di palloni, quando il controbalzo di collo pieno non ti riusciva bene e già ti preparavi a spiegare a papà che si era rotto un righello (perchè un righello dovesse costare esattamente come un Tango nuovo è mistero per tutti gli italici genitori).

Questa sera ero arrivato al filtro, ed un signore con una splendida bastardina mi ha guardato il petto, ed ha esclamato "Bella Trieste, ci ho fatto il militare". Gli ho offerto da accendere, si è seduto con me, e in quattro minuti scarsi mi ha raccontato di "mule", Barcola, e di una uscita in barca con un colonnello di Trento che non sapeva nuotare.

Molly mi ha leccato la mano due o tre volte, poi sono andati.




C'è una immagine che devo postare a tutti i costi, ed è questa:










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