martedì, febbraio 24, 2004
No, niente titolo
Io li odio questi momenti.
Questa sera ho riaperto questa finestra sul e dal mondo dopo settimane. Abbia pazienza chi mi ha scritto, chi mi ha cercato, chi mi ha chiamato. Non era cosa.
Mi perdo negli archivi di questo blog, quelli che non ho più pubblicato ma che conservo nella serena stasi del mio disco fisso. Mi ci perdo perchè ci ritrovo me stesso - passano le frasi fatte, questa sera, no? Ritrovo un me stesso che mi piace e non piace, che ironizza su molto e si dispera per così poco, che avverte quintali di affetto o che si strugge di una solitudine che sfiora la misantropia, e vi giace annoiato-appagato.
Li leggo e mi viene la tentazione di chiudere tutto, di scrivere grazie è stato bello, e di aprirne uno anonimo e meno legato al mio sentire quotidiano, in cui sono bello (magia dei photoritocchi), ho geniali intuizioni rubacchiate di qua e di là, sfioro vette di citazioni culturali incomprensibili ai più ma che fanno tanto autostima. Uno di quei siti colorati di giallo blu e verde in cui splendono sempre il sole e le stelle, non piove mai, non scivoli mai poggiando la suola su uno stronzo e gli uccellini cantano arie di operetta fatte di "catene di fiori". Un mondo fantastico in cui non vi è spazio per le incertezze ed in cui cammino sicuro, forte, granitico come uno spartano alle Termopili.
E invece sono qui, a prendermi ancora una volta a pallate, a scivolare pesante con il tradizionale sottofondo musicale Bersanesco dei momenti inversi. Ancora qui a darmi dell'imbecille, a non reagire, o a innescare con le mie reazioni effetti termonucleari dirompenti. A sbagliare i tempi, le frasi, i ricordi. A pensare a quello che non vorrei. Ad annaspare.
Io non so perchè annaspo. Non so perchè Dio / Madre Natura / DNA / Educazione mi abbiano fatto così. Non so niente, e non so neppure di non sapere. So che sono venti giorni che non scrivo una riga, che non capitava da mesi, e che ho poca voglia di stringere i denti e "non mollare mai", come cantiamo allo stadio.
Io li odio questi momenti.
Questa sera ho riaperto questa finestra sul e dal mondo dopo settimane. Abbia pazienza chi mi ha scritto, chi mi ha cercato, chi mi ha chiamato. Non era cosa.
Mi perdo negli archivi di questo blog, quelli che non ho più pubblicato ma che conservo nella serena stasi del mio disco fisso. Mi ci perdo perchè ci ritrovo me stesso - passano le frasi fatte, questa sera, no? Ritrovo un me stesso che mi piace e non piace, che ironizza su molto e si dispera per così poco, che avverte quintali di affetto o che si strugge di una solitudine che sfiora la misantropia, e vi giace annoiato-appagato.
Li leggo e mi viene la tentazione di chiudere tutto, di scrivere grazie è stato bello, e di aprirne uno anonimo e meno legato al mio sentire quotidiano, in cui sono bello (magia dei photoritocchi), ho geniali intuizioni rubacchiate di qua e di là, sfioro vette di citazioni culturali incomprensibili ai più ma che fanno tanto autostima. Uno di quei siti colorati di giallo blu e verde in cui splendono sempre il sole e le stelle, non piove mai, non scivoli mai poggiando la suola su uno stronzo e gli uccellini cantano arie di operetta fatte di "catene di fiori". Un mondo fantastico in cui non vi è spazio per le incertezze ed in cui cammino sicuro, forte, granitico come uno spartano alle Termopili.
E invece sono qui, a prendermi ancora una volta a pallate, a scivolare pesante con il tradizionale sottofondo musicale Bersanesco dei momenti inversi. Ancora qui a darmi dell'imbecille, a non reagire, o a innescare con le mie reazioni effetti termonucleari dirompenti. A sbagliare i tempi, le frasi, i ricordi. A pensare a quello che non vorrei. Ad annaspare.
Io non so perchè annaspo. Non so perchè Dio / Madre Natura / DNA / Educazione mi abbiano fatto così. Non so niente, e non so neppure di non sapere. So che sono venti giorni che non scrivo una riga, che non capitava da mesi, e che ho poca voglia di stringere i denti e "non mollare mai", come cantiamo allo stadio.
