giovedì, novembre 06, 2003

 
Le mie parole. Quasi un'avvelenata.

Ci sono canzoni che leghi a momenti particolari della tua esistenza, e che riascolti sempre con un brivido.
E poi ci sono canzoni ricorrenti, che ciclicamente ti riportano un'emozione, un desiderio, persino voglia di fare.

Ecco. Io ogni volta che mi metto alla tastiera con un'idea di quello che sto per scrivere in testa, ascolto "Le mie parole", testo di Pacifico, voce di Samuele Bersani. (fate pure seguire nei commenti dubbi sulla mia eterosessualità, ma a me Bersani piace).


Le mie parole sono sassi, precisi e aguzzi,
pronti da scagliare,
su facce vulnerabili e indifese,
sono nuvole sospese, gonfie di sottintesi,
che accendono negli occhi infinite attese
sono gocce preziose, indimenticate,
a lungo spasimate e poi centellinate,
sono frecce infuocate
che il vento o la fortuna sanno indirizzare.


Indirizziamole, queste parole. Indirizziamole a chi non ascolta, a chi non mi ha capito, a chi la leggerezza negli atti e nelle mani, a chi non ci ha pensato prima. A chi, assolutamente incosciente, ha attraversato con un lampo di malignità le mie giornate. O forse, chissà, con comprensione e stupido (stupiTo?), indecente malanimo. Che il vento le indirizzi, che un soffio gelido di bora le trascini a destinazione...

Sono lampi dentro a un pozzo, cupo e abbandonato,
un viso sordo e muto che l'amore ha illuminato,
sono foglie cadute, promesse dovute,
che il tempo ti perdoni per averle pronunciate
sono note stonate, sul foglio capitate per sbaglio,
tracciate e poi dimenticate,
le parole che ho detto, oppure ho creduto di dire,
lo ammetto

Strette tra i denti,
passate, ricorrenti,
inaspettate, sentite e poi sognate…


Possono anche essere parole di tenerezza, delicatezza, rispetto. Possono essere persino parole di amore per una fanciulla mai esistita, personaggio - troppo simile a me - tornata al sicuro dentro il mio pensiero...








Le mie parole son capriole, palle di neve al sole,
razzi incandescenti prima di scoppiare,
sono giocattoli e zanzare, sabbia da ammucchiare,
piccoli divieti a cui disobbedire,
sono andate a dormire, sorprese da un dolore profondo
che non mi riesce di spiegare
fanno come gli pare, si perdono al buio
per poi continuare


Andate a dormire, a riposarvi. Una giornata intera ad affollare la mie mente. Andate a dormire, dolorose parole. Mi piace pensarvi chiudere gli occhi, strette in rime casuali e riuscitissime.

Pronte a scaldarmi di nuovo, quando riprenderò a vivere.

Sono notti interminate, scoppi di risate,
facce sovraesposte per il troppo sole,
sono questo le parole,
dolci o rancorose, piene di rispetto oppure indecorose
Sono mio padre e mia madre,
un bacio a testa prima del sonno un altro prima di partire,
le parole che ho detto, e chissà quante ancora
devono venire…

Strette tra i denti
risparmiano i presenti,
immaginate, sentite o sognate,
spade, fendenti,
al buio sospirate, perdonate,
da un palmo soffiate


Soltanto questo: non risparmiate presenti o assenti. Esplodete come razzi, con rancore o tenerezza, perdono o taglio di spada affilata. Ma non risparmiate niente e nessuno. Non qui. Qui se qualcuno mi fa schifo, schifo nel profondo, io lo scrivo. Principi di bassa psicoterapia, concordo pienamente.

Ma, che sia indecoroso oppure no, tu - si, proprio tu, con la tua cultura e i tuoi doppi sensi, si tu, che con quattro righe non meditate mi hai fatto fumare un intero pacchetto di sigarette di troppo, tu che non le leggi 'ste parole. Ecco, si, tu: vattene indecorosamente a fare in culo.

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