domenica, ottobre 19, 2003

 
Nosferatu

A Milano c'è lo Spazio Oberdan, che a me fa simpatia già solo per il nome.

Allo Spazio Oberdan c'è uno spazio espositivo per le mostre, uno di quei posti dove fotografie, opere d'arte, installazioni multimediali - in rapida successione - vengono valorizzate. Uno di quei posti che entri e dici "caspita, questo è il posto adatto per una gran bella mostra". Così.

Allo Spazio Oberdan c'è anche un cinema. Poltroncine, corridoio, telo e proiettori. E questa sera, in aggiunta, due pianoforti e gli strumenti per il percussionista, un rgazzo dai capelli lunghi e ricci e un viso che fa simpatia.

Allo Spazio Oberdan c'era Nosferatu. Quello del '22, con le sue atmosfere, i primi effettini speciali, gli sguardi più terrorizzati, gli attori quasi buffi se visti con gli occhi del 2003, la magia del muto. Un muto accompagnato dal vivo dagli strumenti di cui sopra.

Per i primi minuti, ho provato ad immaginare come sia stato visto nel 1922. Ho immaginato un'atmosfera fumosa, visi di ragazze spaventate, sobbalzi su sedie di legno all'apertura della bara, e un po' di paura. Quella vera, quella di una casa vuota in cui senti un rumore strano con un brivido, quella a cui - stremati da disastri quotidiani - non siamo forse più in grado di provare.

Poi ho lasciato andare i pensieri, e mi sono perso in quei castelli diroccati, in quelle case di cartapesta. In un film che, per volere della vedova Stoker, doveva essere ritirato. Una storiaccia di diritti non pagati, e di tribunali che ordinano la distruzione di ogni pellicola el film. E di qualcuno che ne imbosca una, che ci portiamo dietro da allora.

Ora, io non so chi si sia preoccupato di occultarne una copia, in quel periodo.
Ma grazie, da uno del 2003.




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